Questo è davvero un momento molto difficile e complesso. Dopo due anni difficili a causa di un nemico insidioso quale si è dimostrato il Coronavirus ora anche una guerra in Europa.

Io non sono un’esperta di geopolitica o di studi internazionali e non ho compreso cosa stia capitando. Ho tanto cercato di documentarmi leggendo, ascoltando, cercando informazioni. Ma nulla, non posso dire di aver capito cosa stia succedendo e perché.

Però i piccoli hanno voglia, hanno bisogno di sapere. E allora come parlare con i bambini della guerra così vicina a noi?

Io insegno in due classi 5^, quindi con i “grandi” della scuola primaria. Non sono un’esperta di politica estera e non sono una psicologa, ma sono una maestra, un’insegnante. Per definizione, per scopo devo cercare di trasmettere conoscenza o meglio gli strumenti, i metodi per conoscere e per indagare quanto accade.

Dunque cerco di svolgere al meglio il mio ruolo.

Appena rientrati a scuola, dopo il Carnevale, mi hanno chiesto se potevamo parlare della guerra. In una classe solo un alunno, il più coraggioso (se ne trova uno in ogni classe), nell’altra un coro.

Ho avvisato subito i miei alunni che avremmo parlato di quanto stava accadendo, della guerra. C’è chi era curioso, impaziente, chi appariva impaurito, chi si è zittito.

Gli ho comunicato che avremmo iniziato svolgendo due attività:

Appena saputo ciò i bambini hanno capito che ne avremmo parlato insieme, erano sollevati, erano pronti e curiosi di riflettere insieme.

Già accogliere le loro richieste di parlare dell’argomento era un buon punto di partenza. Era la dimostrazione che le loro curiosità sarebbero state soddisfatte, accolte, capite.

Lapbook

Ho iniziato presentando la copertina del lapbook, parlando dei nomi dei due Stati, delle loro bandiere e dei colori che le caratterizzano. Non ho parlato di guerra, di violenze o di crudeltà. Ho lasciato che mi raccontassero che loro conoscevano già i colori perché seguono delle squadre sportive.

Ho lasciato che parlassero loro, relativamente a colori e bandiere. Avevo così già accolto il loro desiderio di conoscere.

Poi ho fatto scrivere la parola WAR, che colorata e ritagliata è diventata il supporto per aprire e chiudere il nostro lapbook.

Dialogo possibile

Vi metto ora qui un dialogo per capire come si è svolta la discussione in classe, all’incirca…

M sta per maestra – B per bambino/bambini

M. Cosa significa questa parola? (Solo alcuni lo sapevano)

B. Guerra, in inglese!

M. L’avete vista in questi giorni. Dove? Quando?

Le risposte sono state: sui cartelli, sugli striscioni, nelle manifestazioni, durante fiaccolate…

M. Perché avranno scritto WAR e non GUERRA su quei cartelli?

B. No, maestra, c’era scritto NO WAR!

M. Ma cosa significa allora?

B. Non … guerra… maestra io lo so: cioè vuol dire PACE! Adesso capisco!

B. Ahhh, ecco perché l’ho visto tante volte!

B. Allora chiedono la pace… nelle manifestazioni…nelle piazze.

M. Perché, secondo voi, è scritto in inglese e non in italiano?

B. Perché l’inglese lo parlano tutti, lo capiscono tutti, anche le persone all’estero, lontano da noi!

In questo modo si svolgono i nostri dialoghi, più o meno. Per ragioni di brevità mi fermo qui.

Questo per dirvi che parlare con i bambini della guerra è possibile. Naturalmente io ho davanti dei bambini della scuola primaria e devo rivolgermi a loro con attività adeguate alla loro età.

Focus

Il mio obiettivo è favorire una costruzione attiva delle loro conoscenze anche in questo difficile contesto. Cerco di far in modo che le osservazioni e le “scoperte” arrivino da loro, dalla discussione e dal confronto in classe con i pari, naturalmente mediata e organizzata da me.

La mia attenzione si rivolge alla conoscenza, di parole (come: war – non war – sinonimi di pace), di simboli (bandiere – stemmi – segni di pace), di elementi geografici (mappe – luoghi – dati) per indagare il presente, partendo da ciò che i bambini già conoscono.

Per esempio quando abbiamo completato questi riquadri, consultando Wikipedia, i bambini erano ormai pronti e conoscevano alcune informazioni, come il nome delle capitali, ma sono rimasti stupiti nel notare che sul sito riguardo all’Ucraina bastava una carta geografica per localizzarla, invece per la Russia serviva l’immagine di un mappamondo! Anche da qui sono nate le loro osservazioni sull’estensione del territorio dei due Stati. Ognuno ha aggiunto qualcosa, una definizione , una considerazione. Insieme hanno costruito nuove conoscenze, nuove consapevolezze, nuovi confronti.

Notevole impatto ha avuto il dato sulla popolazione: facevano ipotesi, conti, sottrazioni per calcolare la differenza nel numero di abitanti tra Ucraina e Russia, naturalmente mi hanno chiesto il dato italiano.

Quindi per parlare di guerra con i bambini, spero di essere riuscita a spiegarmi, non servono immagini delle devastazioni e della sofferenza che preoccupano e rattristano tutti noi. Attraverso la condivisione con i compagni, il pensiero ad alta voce pian piano i bambini pongono domande (anche a se stessi) e trovano risposte all’interno del percorso svolto insieme, facendo tesoro delle informazioni acquisite.

Io credo che i bambini abbiano bisogno di conoscere gli argomenti di cui sentono parlare e pian piano di costruirsi delle loro categorie per indagare quanto sta accadendo.

Proprio stamattina un bambini mi ha detto: – Sai maestra che ho visto su you tube un cartello con scritto NO WAR prima del video che volevo guardare? Voleva dire no alla guerra, pace! –

Credo di aver raggiunto il mio scopo.

Non diamo per banali le spiegazioni di parole e simboli che dilagano sui vari media.

Link e riferimenti utili

Seguo con attenzione i consigli di

Daniele Novara

Franco Lorenzoni

@lastefiandreoli

https://www.instagram.com/lastefiandreoli/?hl=it

@alberto_pellai

https://www.instagram.com/alberto_pellai/?hl=it

Ecco alcuni articoli

https://www.savethechildren.it/blog-notizie/la-guerra-spiegata-ai-bambini

https://www.repubblica.it/moda-e-beauty/2022/03/09/news/come_parlare_a_bambini_ragazzi_della_guerra_ucraina_consigli-340635163/

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